PAESE MIO CHE STAI SULLA COLLINA
- gilberto borzini
- 2 lug
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Migrazione, invecchiamento e spopolamento sono caratteristiche che incontriamo in innumerevoli borghi italiani, in particolar modo in borghi di alta collina o di montagna, quelli in cui le terre coltivabili andavano rese tali a forza, strappandole alla roccia.
Si tratta, in alcuni casi, di strutture urbane mirabili al punto da sollecitare alcuni personaggi particolarmente ricchi ad avviare opere di conservazione e ristrutturazione nell'intento di portarvi nuova vita, nuove progettualità, nuova occupazione.
Fatica inutile o fatica sprecata, stando alla Pubblica Amministrazione che sembra optare per un radicale abbandono di investimenti considerati “a perdere” nelle aree meno popolate e meno desiderate della nazione.
Eppure attorno al desiderio di rivitalizzare i borghi si erano mossi molteplici interessi: avevamo assistito a bandi, proposte, percorsi e progetti, ma alla fine – pare – il basilare rapporto tra Costi e Benefici, ossia il Ritorno sull'Investimento, ha messo la parola fine ai tentativi, quanto meno a quelli in capo alla Pubblica Amministrazione.
Qualcuno dalle parti del MEF deve aver fatto notare che neppure i fondi del PNRR sono regalati, ma vanno restituiti e persino con gli interessi, quindi si proceda solo con investimenti dalla remunerazione accertabile.
Eppure diversi anni fa proponevo di affidare i borghi abbandonati a nuove comunità, a quei nuovi entranti che avrebbero potuto, in quelli, ricostruire una propria identità, avviare nuove progettualità in un ambiente sicuro, al riparo da guerre civili o meno. Lettera morta, si intende.
Così non ci resta altro da fare che assistere all'agonia, magari canticchiando le strofe di “Che sarà” :
paese mio che stai sulla collina,
disteso come un vecchio addormentato,
la noia, l'abbandono il niente
sono la tua malattia,
paese mio ti lascio e vado via

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