Viaggiare non serve a niente, è solo un processo economico.
Il Turista non apprende dal viaggio, le culture non si “contaminano” grazie al turismo.
In compenso, forse, si rafforza l'autostima colonialista del turista.
Questa è una Provocazione. Come tale la Provocazione è un invito a riflettere, a sviluppare una proposta di idea alternativa alla favola consolatoria secondo cui “viaggiare apre la mente”.
Al più “viaggiare apre le menti già aperte”, così come la Scuola serve a chi è già intelligente di suo.
Il Turista, generalmente, è Impermeabile: la sua mente è quella del conquistatore coloniale che immagina di trasferire le sue abitudini e la propria mentalità nell'altrove che visita ma non accetta di acquisire dall'altrove alcunchè che non sia, al più, un modesto trofeo chiamato Souvenir.
Emilio Salgari scriveva della Malesia dal suo appartamento dietro la Gran Madre, senza mai aver messo il naso fuori da Torino.
Centinaia di migliaia di Inglesi hanno visitato le Indie rimanendo impavidamente Inglesi, impermeabilmente Inglesi, magari schifiando anche un tantino le usanze indiane.
Decine di migliaia di turisti occidentali girano il pianeta come cavallette fameliche senza portare a casa nulla, rinforzando caso mai il proprio sentimento etnico o nazionale di appartenenza.
Culturalmente il Turismo è insignificante: un libro, tanto per dire, agisce molto più in profondità su atteggiamenti e pensieri di quanto non produca un viaggio.
In compenso è un formidabile attore economico e un “esaltatore di personalità” del viaggiatore, che rinforza l'idea di sé grazie alla spesa, al consumo, alla bandierina esibibile sul planisfero dei luoghi calpestati. Calpestati e “visti”, visti ma non osservati. Tra il vedere e l'osservare corre un abisso.
L'osservare è di pochi, roba da Grand Tour settecentesco quando i rampolli della buona società si istruivano sulla Bellezza e l'Arte visitando i luoghi mediterranei, regolarmente poco apprezzando i villici e gli indigeni mediterranei, piccoli, sporchi, affamati e petulanti.
Viaggiare è come mangiare: nutrendoci noi non diventiamo cavolo o pollo, frumento o seppia, ma trasformiamo, attraverso un complesso lavorio chimico, le diverse precedenti forme di vita nella nostra specifica, individuale forma di vita. Con il viaggiare avviene il medesimo processo, in chiave mentale: trasformiamo l'esperienza del viaggio, gli episodi del viaggio, in un confronto con il pregresso esistenziale riaffermando ciò che siamo, inglobando il nuovo nel trascorso e facendolo divenire altro, un altro simile a ciò che già siamo. Metabolizziamo.
Perchè si viaggia, allora?
Per narcisismo, per emulazione, per distrarsi dalla routine, perché “si fa così”, perché il turismo è evasione temporanea, stile di vita di massa: è un'evoluta e costosissima forma di intrattenimento, uno sfizio libertario da cogliere “semel in anno” come il carnevale (semel in anno licet insenire, recita l'adagio latino).
Non per apprendere, o in casi estremamente rari.
Anche il viaggio avventura serve a misurarsi rispetto all'imprevisto, all'ignoto, all'alieno: questione di autostima prima che di cultura.
Se è così, e nel mio intimo meditare credo proprio sia così, allora si impone una riflessione e una revisione operativa sul come proporre e “vendere” il turismo.
Se è così, e credo proprio che sia così, allora si spiegano il successo dell'On-line, del Fai-da-te e la contrazione del servizio d'agenzia: se Turismo è solo processo d'acquisto e atto economico vince la soluzione più breve, lineare ed economica.
Se il Turista è mentalmente e culturalmente impermeabile e nel viaggio cerca una narcisistica elaborazione del sé, tutte le chiacchiere che si fanno (o si facevano) in agenzia sono superflue.
Se il Viaggiatore, diversamente, è culturalmente aperto al diverso facilmente rimarrà deluso: che senso ha, in un mondo globalizzato, attraversare il mondo per vedere altri simili a noi che fanno le stesse cose che facciamo noi, che usano gli stessi strumenti che utilizziamo noi, che guardano gli stessi programmi che guardiamo noi, che vestono come noi, che mangiano come noi ?
Se il Viaggiatore cerca davvero la diversità il mondo disponibile è divenuto uno spazio ristretto.

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