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Turismo: si può vivere di week-end e ponti?

Immagine del redattore: gil borzgil borz

La tendenza in atto sembra affermarsi in forma strutturale: sempre più vacanze brevi e brevissime e sempre meno soggiorni prolungati, sempre più "touch and go" e sempre meno vacanze, con l'esclusione, per ora, del periodo centrale agostano.

Complice la stretta economica e la riduzione del potere d'acquisto, gli italiani puntano a soluzioni a minimo impatto economico immediato (week-end e ponti), allontanandosi dalla vacanza settimanale o bisettimanale.

In questa logica il fenomeno dell'overtourism è assicurato, in quanto il pubblico si concentra in grande numero e in poche località, indipendentemente dalla volontà politica espressa da alcune province e comuni di regolamentare gli accessi.

Il fenomeno, inoltre, complica il già complesso aspetto occupazionale, favorendo l'eventuale lavoro a chiamata e riducendo l'impiego permanente.

Ma il lavoro a chiamata non risolve i problemi dei disoccupati e gli inoccupati che propenderanno, inevitabilmente, per forme di lavoro in "nero" supportate da contribuzioni pubbliche.

Certo: abbiamo l'Incoming, e l'attività ricettiva consente un equilibrio organizzativo.

Ma l'attività ricettiva, come insegna il caso di Milano, città che ha modificato radicalmente la propria immagine e percezione turistica, non può essere lasciata alla fascinazione storica e culturale (Roma, dicono i sondaggi, non è la città più apprezzata dai turisti stranieri) ma deve definirsi in una molteplicità di attrattive (fiere, eventi, animazione territoriale) capaci di attrarre mercati differenti in momenti differenti, in modo da spalmare la domanda variabile su un'offerta stabile, all'interno di arredi urbani ospitali e accoglienti.

Insomma, sotto il profilo dell'Organizzazione del Turismo c'è ancora un consistente lavoro da fare.



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