AIAV, associazione nazionale di Agenti di Viaggio, lancia un interessante proposta di Marchio di Qualità per le Agenzie di Viaggio, un Marchio che dovrebbe consentire alle ADV di essere riconosciute come "qualitativamente testate" e, di conseguenza, prescelte o preferite dal pubblico degli utenti, attivi o potenziali.
L'idea è valida: un elemento distintivo può essere davvero un'opportunità.
Ma rimangono alcune incognite che, ci auguriamo, la dirigenza associativa vorrà colmare.
La prima verte sulla definizione di Qualità: cosa rende un'agenzia di viaggi qualitativamente preferibile? L'adozione di un manuale di procedure? La partecipazione a intensi corsi di formazione in materia geografica? La capacità di accoglienza e di ascolto? La titolarità di servizi di biglietterie? il fatturato?
Avendo studiato poco e male filosofia ricordo però che il problema della definizione della Qualità era argomento spinoso anche per i filosofi, ma spero che in AIAV si sia compreso.
La seconda area di incognita riguarda invece la capacità di comunicare il Marchio e le sue caratteristiche implicite al grande pubblico, altrimenti che senso ha disporre di un marchio ignoto al mercato?
Comunicare al mercato un "marchio di qualità" significa imbarcarsi in campagne di comunicazione mass-mediali dai costi non proprio irrilevanti, sempre che si voglia parlare al mercato e non all'interno del mondo del turismo organizzato.
Qualsiasi campagna di sensibilizzazione ad un marchio di qualità, dal Parmigiano alla Mozzarella DOP, passa per canali televisivi e per la carta stampata che raggiunge il grande pubblico, le audience che fanno mercato: chi paga, se è lecito domandare?

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